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"È nato in una zona di confine, da padre tibetano e madre cinese, ma è il paese delle nevi la patria del suo cuore. [...] Nei suoi scritti non racconta di lama imperturbabili, tecniche di meditazione o lignaggi monastici. [...] Con una buona dose di rabbia, in uno stile non privo di espressioni e situazioni crudamente realiste, scrive dei mali di una terra defraudata della propria identità. Si ispira a scrittori sudamericani talvolta separati da distanze siderali, come Borges e Garcia Màrquez, per trasfigurare la realtà in un paesaggio surreale, dove il tempo della vita e della morte si sovrappongono e sfumano in paradossi. Ha scritto tanti libri, ma la sua fama, in Europa, è soffocata dalla celebrità della gioia buddhista e dai crudi memoriali dei sopravvissuti alla barbarie dell'occupazione. Gonfio di nostalgia per l'antica civiltà tradizionale [...] proprio nel solco della letteratura moderna trova la strada per raccontare il tormentato presente tibetano. [...] Troppa amarezza? Può essere, almeno per quanti si ostinano a soffermarsi solo sul volto ideale, estraneo alla storia, del Tibet." Claudia Gualdana, Corriere della Sera